L'AIDS fu riconosciuto per la prima volta il 5 giugno 1981, quando il Centro Malattie di Atlanta registrarono casi sospetti di polmonite da Pneumocystis carinii in cinque uomini omosessuali a Los Angeles.
In principio non fu dato un nome ufficiale alla malattia, ma di certo risulta che già negli anni Settanta erano stati riportati casi isolati di Aids negli Stati Uniti e in numerose altre aree del mondo.
Sebbene non siano chiare le modalità di trasmissione e di contagio, cominciano a nascere le prime teorie sulle possibili cause di queste infezioni e tumori: l’ipotesi più accreditata è comunque quella che la malattia colpisca soltanto gli omosessuali; il messaggio arriva anche a livello dell’opinione pubblica, con il titolo del New York Times «Raro cancro osservato in 41 omosessuali».
Alla fine dell’anno, però, la malattia comincia a colpire anche gli eterosessuali e, soprattutto, esce dal confine degli Stati Uniti: viene registrato infatti il primo caso europeo, in Inghilterra.
Quando nel giugno 1982 viene registrato un gruppo di casi fra maschi omosessuali nel sud della California, comincia a serpeggiare fra i ricercatori l’ipotesi che la malattia abbia un’origine virale.
In questi anni si ricerca febbrilmente l'origine di questi contagi fino a che nel maggio del 1983 all’Istituto Pasteur di Parigi il virologo francese Luc Montagnier riporta l’isolamento di un nuovo virus (denominato LAV).
Nel 1984, Robert Gallo, direttore del laboratorio di biologia cellulare dei tumori del National Cancer Institute isolò un altro virus.
L'anno successivo la comunitò scientifica concluse che si trattava dello stesso virus, responsabile dei contagi.
Nel 1986 un comitato internazionale stabilisce un nuovo nome per indicare il virus dell'Aids: d’ora in poi si parlerà soltanto di Hiv, ovvero “Virus dell’immunodeficienza umana”.
Hiv/Aids spot Ministero Salute 1988.mp4