Il 3 dicembre del 1984 quaranta tonnellate di isoscianato di metile - utilizzato per produrre antiparassitari e pesticidi, annoverato tra i prodotti più tossici nel amercato chimico - fuoriuscirono dallo stabilimento della multinazionale statunitense Union Carbide India Limited (UCIL), consociata della multinazionale statunitense Union Carbide specializzata nella produzione di fitofarmaci.
Una nube velenosa e urticante avvolse la città mentre dormiva. Oltre 3700 persone morirono all'istante, altre 16mila nelle settimane e negli anni successivi.
Si ritiene che i prodotti chimici ancora presenti nel complesso abbandonato, in mancanza di misure di bonifica e contenimento, stiano continuando a inquinare l'area circostante.
Le casue che portarono al disastro furono dimostrate successivamente da varie indagini: durante un controllo, per via di alcuni malfunzionamenti, dell'acqua finì nella vasca provocando la reazione dell'isocianato di metile, che a contatto con l'acqua sviluppò calore facendo aumentare la pressione all'interno dei serbatoi.
L'ultima indagine rivelò che non vennero applicate diverse procedure di sicurezza. I deflettori, che avrebbero potuto impedire l'infiltrazione dell'acqua, non furono utilizzati; i refrigeratori erano fuori uso, così come lo erano le torce che avrebbero potuto impedire la fuga di gas.
Fu raggiunto un accordo per una transazione il 4 febbraio 1989. La Union Carbide pagò 470 milioni di dollari per i danni causati dal disastro. La richiesta iniziale era di 3 miliardi di dollari.
Bhopal 20 anni dopo