L'attentato all'ambasciata degli Stati Uniti di Beirut del 18 aprile 1983 è stato un attentato suicida a Beirut, in Libano, che ha ucciso 32 libanesi, 17 statunitensi e 14 visitatori e passanti. Le vittime erano per quasi tutte membri dello staff dell'ambasciata e della CIA, ma includevano anche diversi soldati statunitensi e una guardia di sicurezza della marina degli Stati Uniti.
Fino a quel momento era l'attacco più mortale a una missione diplomatica degli Stati Uniti ed era considerato l'inizio degli attacchi islamisti contro obiettivi statunitensi.
L'attacco è avvenuto dopo l'inizio dell'intervento della forza multinazionale nella guerra civile libanese da parte degli Stati Uniti e di altri paesi occidentali, che hanno cercato di instaurare l'autorità del presidente Amin Gemayel.
L'autobomba è stata fatta esplodere da un attentatore suicida alla guida di un furgone pieno di circa 910 kg di esplosivi alle ore 13:00 circa (UTC+3).
Il resoconto dell'ex agente della CIA Robert Baer è che il furgone ha sfondato un edificio annesso, si è schiantato attraverso la porta dell'atrio ed è esploso lì. L'esplosione ha fatto crollare l'intera facciata centrale dell'edificio a forma di ferro di cavallo, lasciando i rottami di balconi e uffici in cumuli di macerie e frammenti di muratura, metallo e vetro in un'ampia fascia dell'edificio. L'esplosione è stata udita in tutta la zona ovest di Beirut e ha rotto le finestre fino a un 1,5 km di distanza. I soccorritori hanno lavorato 24 ore su 24, portando alla luce i morti e i feriti.