L'alluvione della Valtellina è una serie di disastri e di tragedie naturali che si successero tra il 18 e il 28 luglio del 1987 in Valtellina nella provincia di Sondrio.
I comuni protagonisti furono quelli di Valdisotto e Tartano, che furono interessati da un violento nubifragio che causò tragiche inondazioni, frane e colate di fango che provocarono 53 morti, migliaia di sfollati e danni per circa 4000 miliardi di lire (ovvero circa 2 miliardi di euro).
Nel tardo pomeriggio del 18 luglio 1987 ci fu il primo disastro. I terreni montani ormai erano saturi e si innescarono frane e smottamenti.
Il condominio “La Quiete”, costruito in una valle laterale della Valtellina presso il piccolo centro di Tartano, proprio ai piedi di un versante molto ripido ed instabile, venne spezzato in due da un grosso mud-flow, un flusso di fango e acqua ad alta velocità dotato di una potenza distruttiva enorme. I detriti del palazzo vennero scaraventati più a valle contro l’albergo “Gran Baita”, pieno di turisti. Morirono 19 persone.
Più a valle, nella Valtellina i torrenti e i fiumi (fra cui l’Adda) si gonfiarono fino ad esondare, trascinando via strade, ponti ed abitazioni. La distruzione della statale SS 38 e della ferrovia in molti punti rese inoltre molto difficili i soccorsi, che avvennero soprattutto in elicottero.
Il 28 luglio, alle ore 7.25, avvenne la nuova catastrofe: una frana di proporzioni enormi, con un volume di oltre 30 milioni di metri cubi, si abbatté sulla valle laterale denominata Val Pola. Il paese di Sant’Antonio Morignone e le due contrade di Morignone e Piazza furono completamente distrutte. Questi centri abitati erano stati evacuati e non subirono vittime. Nei giorni precedenti infatti i geologi avevano fatto scattare l’allarme, avendo rilevato sulla montagna una enorme frattura in progressiva estensione.
La frazione di Aquilone invece, che non era stata evacuata perché ritenuta al sicuro, venne devastata dallo spostamento d’aria fortissimo. Morirono 22 persone. Ci furono altre 7 vittime, operai che lavoravano al ripristino della statale, ingombra di detriti per gli smottamenti dei giorni precedenti.
L’enorme massa di detriti risalì per 300 metri il versante opposto formando una diga naturale che sbarrò il corso del fiume Adda. Si formò un lago naturale il cui livello cresceva di ora in ora, e che se esondato avrebbe potuto causare un nuovo effetto Vajont riversandosi verso la bassa Valtellina.
Fortunatamente si riuscì ad evitare il peggio con un sistema di drenaggio.